Mi permetto di divagare un po’, uscire dal solito tema dedicato ai nostri serpenti.
Erano anni che sognavo di potermi recare in Africa per visitare i Gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei). Il termine visitare è proprio idoneo, in quanto un incontro con questi nostri cugini va oltre alla semplice osservazione di un animale, il loro aspetto simile al nostro, la loro organizzazione sociale e il loro carisma personale sprigionano qualche cosa di particolare, di forte.
Chiaro, son forse anche sensazioni personali, coltivate in quasi trent’anni in cui ho letto i libri di George Schaller, Dian Fossey e altri studiosi di questi primati.
Il primo impatto con il Ruanda è sorprendente, Kigali, la capitale, è una città molto pulita, come lo è tutto il resto del paese. Le colline separano i vari quartieri della città alternando zone con costruzioni datate ad aree in qui la modernità è all’avanguardia.
Il secondo impatto, sempre sorprendente, è la visita al Genocide Memorial Centre di Kigali, dove vi sono sepolti i resti di 250 mila persone trucidate durante il genocidio del 1994 che provocò la morte di oltre un milione di Ruandesi nel giro di 100 giorni. Malgrado la mia reticenza a visitare un memorial, con museo annesso, devo ammettere che ne sono uscito sereno. Il popolo ruandese ha mostrato, e mostra tutt’ora, di poter superare delle atrocità organizzate dalle potenze occidentali e coloniali. Le divisioni etniche organizzate e inventate dai coloni negli anni ’50, per togliere potere e diritti a chi si opponeva, e il menefreghismo delle Nazioni Unite e di gran parte del mondo, durante i massacri del ’94, hanno forse rinforzato nei ruandesi la loro unità, facendoli superare l’odio personale generato dall’orrore. Invece che vendetta, si è optato per perdono e dimenticanza, questo per il bene della pace nel paese e della sua ricostruzione.
Dopo queste visite, che mi hanno permesso di capire meglio il contesto politico e umano del paese, son partito verso Ruhengeri, città poco lontano dalla catena vulcanica dei Monti Virunga.
L’impazienza è tanta, non vedo l’ora di inoltrarmi nel Parc national des Volcans, cosa che farò i giorni seguenti.
Monte Gahinga e Monte Muhabura.
Finalmente si parte all'incontro dei gorilla. Per raggiungere il parco nazionale bisogna serpeggiare tra centinaia di metri di terra coltivata con piretro, patate e altri ortaggi. Sopra un "accampamento" in cui il contadino passa la notte per sorvegliare i campi e spaventare i bufali che potrebbero devastare il raccolto, mentre sotto si vedono le tracce lasciate dai gorilla sui tronchi di eucalipto da dove hanno strappato la corteccia per cibarsene.
I confini del Parc national des Volcans é segnato da un muro in pietra vulcanica, muro che dovrebbe impedire ai bufali di uscirne. Una volta varcata questa barriera ci si inoltra in una fitta foresta di bambù.
Poco dopo aver traversato i bambù si scorgono i gorilla. La prima foto non é molto buona.... ma é stato il primo gorilla che ho visto. Malgrado il guardiaparco continuasse a farci segno di avanzare, tutti quenti ammiravamo questo scorcio di giungla in cui si intravvedevano questi due membri di una famiglia ben più numerosa.
I gruppi di gorilla sono generalmente composti da un capobranco, un maschio sessualmente maturo e dominante, chiamato silverback per via della sua schiena color grigio argento. Questo gorilla oltre che proteggere i componenti del gruppo ha anche il diritto di accoppiarsi con tutte le femmine che lo compongono. In alcuni gruppi i silverback sono più di uno, possiamo dire il dominante e i suoi aiutanti. In questi casi ufficialmente solo il dominante può accoppiarsi con le femmine, poi nel fitto della vegetazione probabilmente avvengono delle scappatelle tra gli altri silverback e alcune femmine.
Il maschio dominante oltre ad avere un fisico possente, deve avere un carisma che gli permette di mantenere la pace tra i vari membri del gruppo… placare le liti tra femmine, far calmare gli adolescenti turbolenti, scegliere il posto dove mangiare, dove dormire e numerose altre responsabilità.
Vi lascio qualche immagine del gruppo Hirwa, composto da 16 membri guidati dal silverback Munyinya.
I cuccioli sono curiosi e cercano di avvicinarsi a noi e toccarci. Giustamente i guardiaparco li respingono con vocalizazioni ben comprensibili.
Munyinya, il silverback, é decisamente stanco come lo si vede nella foto sopra. I guardiaparco ci dicono scherzosamente che la stanchezza é dovuta al "gran lavoro" che svolge con le femmine del branco... l'alto numero di cuccioli presenti nel gruppo sembrano confermare la cosa!
La foto sopra é per mostrare che noi visitatori veniamo tollerati molto bene e ci vien concesso di stare molto vicini al gruppo. I ranger ci danno comunque alcune regole comportamentali da seguire per non creare problemi.
Lasciamo tranquilli i Gorilla e ridiscendiamo nella foresta di bambù per abbandonare il parco nazionale.
Il pomeriggio é dedicato ad un po' di paesaggi, coi laghi Ruhondo e Burera dove osservo alcuni insetti e aracnidi.
Sopra una cetonia, mentre sotto vi sono delle larve di cicaline o simili.
Gli scinchi (Mabuya striata) si scaldano tra le pietre vulcaniche dei muretti a secco, proprio come lo fanno le nostre comuni lucertole.
Ora vi racconto un po’ come avvengono i preparativi per inoltrarsi nel parco nazionale dei vulcani.
Ogni mattina ci si ritrova al “campo base” dove vengono organizzate le varie visite ai gruppi di gorilla e gli altri itinerari all’interno del parco.
In questa ora si acquistano i permessi per accedere al parco, si sorseggia un caffè intrattenuti da un gruppo di danzatori.
L’accesso al parco nazionale non è libero ed è obbligatorio essere seguiti da un guardiaparco che conosce l’itinerario, i sentieri e saprà proteggerci da eventuali incontri coi bufali (forse l’unico pericolo presente assieme all’elefante).
I gruppi di scimmie che possono essere visitati dai turisti sono monitorati, per cui quotidianamente, prima dell’arrivo dei visitatori vi sono dei ranger che li hanno pistati, cosa relativamente semplice sapendo dove hanno passato la notte.
La visita al gruppo di gorilla o cercopiteco é limitato ad un'ora, per cui il disturbo quotidiano é limitato nel tempo e fatto solo a gruppi abituati alla presenza umana da molto tempo. Ho notato che c'è un certo disinteresse nei nostri confronti da parte delle scimmie. Veniamo quasi totalmente ignorati.
Ammetto che una tale organizzazione mi ha lasciato piuttosto sorpreso, come mi ha lasciato sorpreso il numero di visitatori che quotidianamente visitano il parco nei mesi di giugno, luglio ed agosto. Un centinaio di persone al giorno!
Questo gran numero di turisti genera delle entrate finanziarie notevoli, che sono visibili nelle infrastrutture (strade, marciapiedi, fontane, ecc.) presenti nelle città e campagne circostanti.
Nelle ore passate camminando nella foresta o la sera ammirando i vulcani, su cui è segnato il confine del parco in modo netto e incisivo, quasi in modo brutale, riflettevo sulla politica vincente di un tale compromesso.
Oggi il Ruanda ha eliminato (quasi totalmente) il bracconaggio dal parco facendo capire alla popolazione che il parco vale di più da integro, che il bufalo e il gorilla valgono di più da vivi e liberi che non come trofei da vendere ad un occidentale alla ricerca di esotico. Si guadagna di più tutelando la foresta, tutelando una famiglia di gorilla piuttosto che trucidarla per rapirne un cucciolo da vendere a trafficanti di animali.
Una nebbiosa mattina si parte per osservare il cercopiteco dorato (Cercopithecus kandti), piccola scimmia che vive solo nella foresta dei Virunga, per cui a rischio di estinzione per l’esiguità del suo territorio. Abbiamo la fortuna di visitare un gruppo che viene studiato dalla primatologa Susan Wiper che ci spiega alcuni comportamenti che abbiamo la fortuna di osservare, come accoppiamenti e ricerca di cibo. La nebbia rende questo incontro affascinate.
Personaggio per alcuni versi controverso, Dian Fossey è sicuramente la persona che bisogna ringraziare per aver fatto conoscere al mondo i Gorilla di montagna e la loro fragilità e soprattutto per averli salvati dall’estinzione. Iniziò a studiare i gorilla negli anni ’60, fondando il centro di ricerca Karisoke nel 1967, ad una quota di circa 3000 metri nel cuore del Parc des Volcans. Oltre ad aver vissuto a stretto contato coi Gorilla di montagna e quindi averne potuto osservare comportamenti, abitudini e organizzazione sociale, si è battuta contro il bracconaggio. Fu assassinata nel 1985 a Karisoke dove vi fu sepolta.
Avendo sempre ammirato il lavoro di Dian Fossey, ci tenevo a raggiungere Karisoke, respirare l’atmosfera di quel posto, rendermi conto della determinazione di quella donna che decise di creare il suo campo base in un posto isolato.
Karisoke è stato abbandonato vari anni fa e i ribelli del Congo (mi è stato detto) hanno saccheggiato il centro abbandonato asportando praticamente tutto il materiale utilizzabile. La natura, la foresta ha ripreso il sopravvento.
Il sentiero che ci conduce a Karisoke é a tratti ripido e, malgrado le scarse piogge dei giorni precedenti, piuttosto fangoso. Per questa gita oltre che dal guardiaparco, sono accompagnato da alcuni turisti di una certa età, per cui si procede in modo rilassato e si ha il tempo di ammirare paesaggi, vegetazione e avere la fortuna di scorgere un Gorilla di montagna in cima ad un albero come si intravvede nella foto sotto.
La vegetazione cambia man mano ci eleviamo di quota. A nostra sorpresa scorgiamo ancora un gorilla che ci osserva transitare sul sentiero.
La nebbia si dissipa per alcuni minuti lasciandoci ammirare il Monte Karisimbi (spero sia lui e non in Visoke che dovrebbe essere dalla parte opposta), segno che siamo molto vicini a centro di ricerca Karisoke, o meglio di quel che ne resta, come potete vedere nelle foto successive.
A Karisoke vi è il cimitero dei gorilla, spesso uccisi dai bracconieri, dove vi é sepolta, secondo le sue volontà, anche Dian Fossey.
Poco lontano si aggira furtivamente una femmina di gorilla col suo cucciolo, probabilmente il resto del gruppo é poco lontano. Nulla di eccezzionale, Karisoke é nato in mezzo alla foresta, foresta che ha inghiottito il centro ormai disabitato da anni, ma fa sorridere vedere un gorilla aggirarsi in mezzo a questi spazi. La vegetazione coi licheni, la nebbia, i gorilla, l'autosuggestione... l'atmosfera é particolare.
Karisoke oggi si trova nella città di Musanze (Ruhengeri) a diversi chilometri di distanza dal parco nazionale. Nel suo interno vi si trova diversa documentazione e alcuni oggetti salvati dal Karisoke originario.
The Dian Fossey Gorilla Fund (originariamente Digit Fund creato dalla Fossey) oggi opera sempre sul territorio con con studi e ricerche sui primati, progetti di aiuto sociale e altre attività che hanno come scopo la protezione dei gorilla di montagna.
Lo scopo del viaggio non é stata la ricerca di serpenti o rettili, ma come potevo non fermarmi ad ammirare alcuni camaleonti che ho incrociato e scoperto nella vegetazione?
Vi lascio con le immagini dei diversi camaleonti, identificati come Trioceros rudis, che ho incontrato:
Sopra Monte Gahinga e Monte Muhabura, mentre sotto Monte Sabyinio. Non facile vederli qualsi liberi da nebbia in questo periodo che segna la fine della stagione delle piogge.
Seguono le immagini de un altro gruppo di Gorilla di montagna che ho avuto la fortuna di visitare, il gruppo Ntambara, composto da un silverback dominante, altri silverback, diverse femmine, alcuni cuccioli di cui uno con pochi mesi di vita. Pure questa volta la famiglia sembrava essere rilassata e indaffarata a spulciarsi a vicenda senza preoccuparsi della nostra presenza.
Spero che malgrado questo articolo sia fuori tema, non vi siate annoiati.
Io ho realizzato un sogno, un sogno che ha potuto essere realizzato grazie a persone e organizzazioni che si battono quotidianamente per la tutela dell'ambiente, la salvaguardia della natura e delle specie.
Nonostante io sia già dell'idea che per tutelare la natura non bisogna solo imporre limitazioni alla gente a cui non importa della natura come importa a me, quest'esperienza, il Ruanda mi hanno chiaramente mostrato che per tutelare un parco nazionale, e le specie in via di estinzione che vi ci vivono, é importante che chi vive tutt'attorno non senta solo l'oppressione del parco coi limiti che impone, ma trovi pure un beneficio.
Mi auguro che i Virunga restino intatti ancora a lungo, che i gorilla prosperino e che un domani io possa tornare a far visita a questi cugini e incrociare nuovamente il mio sguardo al loro.
Per aiutare i gorilla e alcuni progetti locali si può dare il proprio sostegno a The Dian Fossey Gorilla Fund
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