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15 dicembre 2017 5 15 /12 /dicembre /2017 10:22
L'uomo e il serpente: Ningishzidda.

Tutti conosciamo le rappresentazioni del serpente dell’Albero della Conoscenza del bene e del male che ha spinto Adamo ed Eva a mangiare il frutto proibito. Conosciamo pure il caduceo di Hermes/Mercurio, simbolo di sapienza e immortalità, oppure il bastone di Asclepio/Esculapio dove un unico serpente è attorcigliato ad un ramo, simbolo della medicina, della rinascita e della fertilità. È pure “famoso” Nehustan, il serpente di bronzo che Mosé forgiò per permettere al popolo che lo seguiva nel deserto di salvarsi dal morso dei serpenti velenosi, provando così la loro fede verso dio (che tra l’altro era proprio lui che mandava i serpenti). Sempre raffigurazioni di serpenti attorcigliati tra di loro oppure ad un albero, un ramo o un bastone.

Con ogni probabilità queste rappresentazioni sono originariamente nate in Mesopotamia, considerata la culla della nostra civiltà. Vi sono raffigurazioni di serpenti già verso il 3500 avanti Cristo (e probabilmente ancora prima), quando i Sumeri avrebbero popolato la Mesopotamia, scendendo dagli altopiano iranici, i Monti Zagros, per popolare la zona di confluenza tra il Tigri e L’Eufrate. Terre dove nacquero le prime grandi città, la scrittura, ecc, tanto per intenderci.

Nella cultura mesopotamica Ningishzidda è una divinità minore rappresentata proprio da due serpenti avvolti ad un bastone o un albero o semplicemente da due serpenti intrecciati tra loro.

L'uomo e il serpente: Ningishzidda.

Ningishzidda sul vaso di Gudea, Louvre di Parigi.

 

 

 

Dalle ricerche fatte sulla tradizioni e credenze sumere, possiamo dire che Ningishzidda è un personaggio legato al regno dei morti, agli inferi, ma anche alla fertilità. Il suo nome significherebbe in effetti “Il signore che fa crescere gli alberi in maniera corretta” e parte del suo nome è composta con la parola che potremmo tradurre come pene. Tutti concetti legati alla fertilità, i serpenti sarebbero le radici che vanno alla ricerca dell’acqua.

Nella letteratura mesopotamica Ningishzidda è descritto come un guerriero, un mago, un mediatore, un coltivatore e un costruttore. Alcune teorie lo legano Thot il dio egizio raffigurato con la testa di ibis oppure al dio azteco Quetzalcoatl, il Serpente piumato. Nulla di sorprendente, in Egitto il serpente è ben presente, sotto varie forme, tra le quali l’ureo, il cobra che troviamo spesso sulla fronte dei faraoni o di alcuni dei e proprio Thot spesso regge un bastone su cui è attorcigliato un serpente.

Quetzalcoatl alcune volte è scolpito mentre regge un bastone con due serpenti avvolti, il che ci riporta inevitabilmente alla tradizione mesopotamica.

Ora è piuttosto difficile sapere se sia proprio Ningishzidda ad aver percorso mezzo mondo 5000 anni fa per erigere le piramidi in Egitto e nelle Americhe oppure se il suo culto si sia espanso per altre vie. Il serpente non ha mai lasciato nessuno indifferente, per cui come per molte altre figure e rappresentazioni, potrebbe semplicemente essere stato venerato o comunque tenuto in alta considerazione in popoli che non hanno nulla a che vedere tra di loro, creando culti, e quindi rappresentazioni, in modo casuale ma parallelo.

 

Ma perché parlare di Ningishzidda?

Semplicemente per presentare l’oggetto seguente: la testa di una mazza in pietra.

L'uomo e il serpente: Ningishzidda.

Presso i Sumeri era comune utilizzare degli “spacca testa” durante le guerre. L’arma era piuttosto rudimentale ma efficace, una pietra fissata su di un bastone. Alcune di queste mazze erano composte da semplici sassi tondeggianti, altre erano decorate, scolpendo la pietra con figure di demoni, animali feroci o figure protettive. Probabilmente la decorazione oltre che rendere l’arma più spigolosa, irregolare ed efficiente, aveva uno scopo simbolico o intimidatorio. Con l’invenzione dei caschi e di armi più efficaci, l’uso delle “mazze spacca testa” perse terreno (anche se vennero usate fin nel medioevo e forse dopo), ma veniva ancora utilizzato in segno di forza e potere dai sovrani e dalle persone di alto rango sociale e religioso, un po’ come lo scettro di altri sovrani.

Difficile capire se questa mazza decorata da due serpenti sia stata usata a fine bellico o solo a scopo rituale-simbolico. Difficile anche capire se era fissata da sola sul bastone oppure era abbinata ad altre pietre per comporre una mazza più elaborata. Era la mazza di Ningishzidda? Quella di un sacerdote a lui devoto? Di un guerriero che chiedeva protezione e forza a Ningishzidda? Di un appassionato di serpenti Sumero?

Ad ogni modo, questa pietra decorata da due serpenti risale a 3000 anni avanti Cristo e fa strano immaginare che sia stata il precursore di una simbologia presente tutt’ora in varie culture e società. Un simbolo sopravvissuto a 5000 anni di storia.

 

L'uomo e il serpente: Ningishzidda.

 

 

 

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